Il monarca assoluto di un regno lontano incontrò, nel transitare da A, una giovane pittrice di talento che si recava a B. Il Visir C si rivolse a lei e le disse: Il mio padrone, D, desidera che tu mi segua al castello di E, dove conoscerai gloria e onore.
La giovane, che era appena stata insignita del diploma di F, rispose: “Non posso ossequiare il tuo presidente perché alla scuola di G mi hanno appreso ad essere libera e bella come le lettere dell’alfabeto”.
Il Sultano dell’Isola di H sentenziò allora: “In nome del vicariato di I si tappezzino d’oro e gemme e carburo gli studi e gli appartamenti della città di L, affinché possano degnamente ospitare questa perla”. E indicò la pittrice che, secondo la testimonianza di M, era intelligente, colta, tecnicamente preparata e sperimentale.
A quel tempo, nella repubblica di N, un tiranno dall’aspetto poco rassicurante aveva preso il potere e, alleatosi con O e P, aveva deciso di bandire, allievo di Platone e bastardo quanto basta, la pittura, lettone compresa, dall’intero scibile. Q, suo antagonista e liberatore dell’estuario di R, prese a sua volta il potere e, durante il congresso di S, dichiarò i moti ondulatori essere estroflessi.
Per buona norma l’imperatore T chiamò a sé il popolo e, vincendo ogni timore e remora, così si espresse: “A questo punto della nostra storia, Timofeeva, la pittrice lettone di talento, potrà da sola sbaragliare l’umana idiozia, semplicemente fabbricando quei magnifici dipinti-rompicapo, costruiti a puzzle, vero lavaggio multicolore, antidoto alla politica grigia, all’immobilismo di U e alle fandonie di V e Z.” Fu così che Lolita Timofeeva, pittrice di Riga, ma che dipinge con tagli e spazi e prospettive e amore universali, entrò nel mondo di E.R-R. di A.P.P. e di D. che incrociate le spade, le diedero cittadinanza di “alto pregio”. Questo si narra, nell’oggi ancora, tra gli abitanti di J, Y e W.
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