Kama Lolita. L’erotismo nella sua interezza

Di Giorgio Celli


Anno: 1999
Exibition: CENTRO IPPICO LUCIANO PAVAROTTI, MODENA

La sessualità per Breton era qualche cosa di cui lui non voleva parlare o non parlava, comunque, volentieri. C’era, quindi, una forma di rimozione fra tante infrazioni che il surrealismo concede al livello del pensiero, al livello delle sequenze logiche della rivisitazione nel profondo dell’introduzione della vita quotidiana nell’onirico. Direi che nei riguardi della sessualità c’era quella che gli psicoanalisti chiameranno tecnicamente “una censura”.

Il surrealismo, quindi, non è stato sessuofilo. Tranne alcuni casi marginali, come quello di Truille che, invece, faceva vedere un sacco di donne nude nei suoi quadri. In tutti gli altri, se li guardate bene, l’elemento più esplicitamente sessuale manca. Lolita Timofeeva ha cominciato subito visitando e rivisitando questo aspetto dimenticato. Visitando nel senso di una visitazione primaria, perché non c’erano molti precedenti cui potesse rifarsi. C’è, perciò, un interesse preciso nella sua pittura surrealista, che riguarda proprio la questione della sessualità. Poiché in primo piano pone l’erotismo nella sua interezza. Per cui, in qualche maniera, si potrebbe dire che la Timofeeva è surrealista, collocandosi in un surrealismo alla Bataille: il surrealismo come forma di erotismo.

Nel suo libro d’artista intitolato “Kama Lolita” rivela in chiave surreale il Kama Sutra, un libro estremamente noto e diffuso in Occidente, per quanto largamente frainteso.

Del Kama Sutra, generalmente, si parla per le posizioni dell’amore, dei modi di fare l’amore in tante maniere. Per cui è come l’equivalente di un ricettario gastronomico, tradotto in un ricettario di erotismo.

Nel Kama Sutra si danno consigli per coloro che hanno la pancia, per esempio. Si danno consigli per persone che siano debilitate. E poi si danno consigli sulle possibili variazioni che si possono compiere per ottenere maggior piacere.

Questo è quello che in Occidente è stato capito del Kama Sutra. Ed è logico ciò. Perché in Occidente, soprattutto nella nostra religione cattolica, o comunque nelle religioni da essa derivate, c’è una coincidenza frequente tra l’atto sessuale e il peccato. Per cui, in definitiva, si è svuotato questo libro indiano di tutti i risvolti metafisici che sono forse più interessanti e più affascinanti. Per la filosofia indiana, l’erotismo è una delle tante strade da percorrere per raggiungere lo spirito o conseguire la spiritualità e coltivare i beni dell’anima.

In essa non c’è la violenta distinzione che esiste nella nostra filosofia occidentale tra il materiale e l’ideale, tra il fisico e lo psichico, tra i sentimenti e il piacere, tra il godimento e l’amore. Tutto è visto in maniera totalizzante dal filosofo indiano: fare l’amore, cioè, significa anche stabilire una sintonia attraverso la quale si ottiene una comunione spirituale, un accrescimento della propria interiorità. Non si tratta di un imbestialimento, ma di una forma di angelizzazione attraverso il sesso. Angelizzazione è un termine che il filosofo indiano non usa: lo uso perché ci si capisca tra noi occidentali.

Direi, quindi, che il Kama Sutra ha questo interesse e mi sembra che lolita Timofeeva l’abbia usato in tal senso, per compiere una operazione estetica che in qualche maniera è una operazione di sublimazione della Sessualità, tanto per intenderci.

Voglio ricordare, a questo punto, anche quello che spiega Aldous Huxley in un suo famoso saggio “tra la letteratura e la scienza”. Huxley, a un certo punto dice: Si può parlare di sesso e di rapporti sessuali in letteratura senza diventare volgari? Cioè, per quale motivo “l’amante di lady Chatterly” è un libro che non può essere usato come libro pornografico, ma come vera e propria opera letteraria?

Huxley dice che si può scegliere tra due vie per parlare di sesso e di atti sessuali in letteratura: si può scegliere di dire le cose come stanno, ma con un’alta vocazione per la verità, che escluda assolutamente la curiosità che normalmente è un elemento lubrico nella descrizione della sessualità; oppure c’è un’altra via da percorrere, quella di sempre, parlare e scrivere della sessualità in maniera metaforica.

Voi sapete che succede più o meno così.

Se cominciate a sognare di fare l’amore con vostra madre (banalizzo Freud in modo estremo, ma non lo tradisco proprio in fondo) che cosa succede? Succede che la censura si oppone alla realizzazione di questo sogno e voi sognate di cadere quasi in un incubo, oppure trasformate questo desiderio in qualcosa che è la metafora dell’ oggetto desiderato.

Sognate, per esempio, di colpire il braccio di vostra madre con un ago, oppure in termini di metaforizzazione ancora più spinta, sognate di attraversare con lei una porta molto stretta ed entrate in una casa misteriosa.

Diciamo, quindi, che la censura è la grande facitrice di metafore che funziona nel corso dei nostri sogni.

la stessa cosa può succedere quando si usano le metafore in arte. Non c’è alcuna differenza quando usiamo le metafore in arte sulla sessualità. Ed è ciò che ha fatto lolita Timofeeva.

le figure di esseri che compaiono nelle sue opere ”Kama” non sono esseri umani: sono creature di pura invenzione.

le posizioni che assumono non sono posizioni che ci diano consigli su come fare l’amore, ma sono semplicemente delle dimostrazioni in chiave metaforica di quelle che potrebbero essere posizioni virtuali simili alle nostre, se queste creature inventate fossero come noi.

In realtà, non lo sono. C’è quindi una trasposizione netta delle figure umane in figure vagamente antropomorfe e che fanno parte sicuramente di tutta la cultura surrealista.

Si potrebbero citare numerosi nomi. Queste figure, per esempio, ricordano certe opere di Max Ernst. Oppure si potrebbe dire, perfino, che ci sono figure che nella loro nettezza ci portano a pensare a certe opere di Dalì.

Tutto ciò, comunque, costituisce un insieme di riferimenti di fondo. In realtà le figure della Timofeeva sono di ispirazione propria e non hanno precedenti iconografici.

Del suo libro d’artista ”Kama lolita” è possibile dire e pensare che sia un mobile semovente contenente una mostra condensata: poiché non è un libro vero e proprio, ma una mostra portatile. Ciascuno può condurla con sé dove vuole e realizzarla spazialmente in qualunque luogo, esponendo incornicia­to tutto ciò che costituisce il libro stesso.

Il “Kama Lolita” non si propone come libro con rilegatura convenzionale, ma con rilegatura precaria perché possa essere disfatto agevolmente. Contiene 24 d’après serigrafici su tela stampati con magistero tecnologico che sorprende in modo assoluto, tutti rigorosamente firmati e numerati dall’artista da 1 a 90. la mia opinione è che tale libro aspira ad essere catalogato tra i libri che rendono omaggio al surrealismo erotico espresso metaforica mente.

 

(Trascrizione della presentazione in Artefiera di Bologna del libro d’artista “Kama lolita”,

sabato 30 gennaio 1999, arena del Meeting Point)

Lolita Timoteeva
info@lolitatimofeeva.it